In Plastica

Il ciclo di vita di una bottiglia di plastica e i reali pericoli per la nostra salute e per l’ambiente.

Ma quanto piace la plastica agli italiani?! Forse perché ignoriamo il ciclo di vita di una bottiglia di plastica o dimentichiamo quanto possa nuocere al nostro organismo e contribuire all’inquinamento del pianeta. L’Italia infatti vanta un triste primato in tal senso: è la nazione che consuma più acqua in bottiglia in Europa, la terza nel mondo. Gran parte dei contenitori venduti nel nostro Paese sono quelli in plastica, per una stima di 9 miliardi di bottiglie che, ogni anno, necessitano di petrolio per le operazioni di produzione, trasporto e smaltimento. Secondo una ricerca realizzata da Lifegate, in collaborazione con l’Istituto Eumetra MR, il 67% degli italiani acquista acqua in bottiglia con la consapevolezza che sia più sicura di quella del rubinetto depurata, più comoda per il consumo quotidiano e preferibile in termini di gusto. Per cambiare una tale tendenza, che va avanti da diversi anni, gli unici strumenti a disposizione sono quelli di natura politica (regolamentazioni, limitazioni, norme più severe…) e soprattutto culturale (conoscenza dell’argomento, sensibilizzazione…). Ecco perché sapere “vita, morte e pericoli” di una bottiglia di plastica può limitarne il consumo nella vita quotidiana.

 

Il “ciclo di vita” di una bottiglia di plastica

Di plastiche ne esistono di diverse tipologie, ciascuna con una composizione di polimeri differente e un impatto ambientale più o meno negativo. Ciò che le accomuna è sicuramente la presenza di petrolio o combustibili fossili. In questo caso ci soffermeremo solamente sul P.E.T. (Polietilene tereftalato), la plastica delle bottiglie d’acqua e delle principali bibite in commercio, dei bicchieri usa e getta ecc… Per rendersi conto immediatamente dello spreco di energia causato da tale polimero, basti pensare che per produrre 1kg di PET occorrono ben 17,5 litri d’acqua! E c’è di più! Dal punto di vista economico, l’acqua in bottiglia è poco conveniente rispetto all’acqua depurata del nostro rubinetto di casa. L’acqua in bottiglie di plastica costa infatti dai 2 ai 4,5 euro a confezione, di cui però il costo effettivo dell’acqua incide solo per l’1% del costo di produzione totale. Di fatto paghiamo la plastica! Dunque, considerato che il ciclo di vita di una bottiglia di plastica varia da un minimo di 100 a un massimo di 1.000 anni, i milioni di tonnellate di PET prodotti nel mondo provocano sprechi di energia, non rappresentano alcun vantaggio economico per il consumatore e continuano a inquinare l’ambiente anche nei decenni successivi al loro utilizzo.

 

“Morte” e smaltimento di una bottiglia di plastica

Liberarci di una bottiglia di plastica è meno semplice di quanto possa sembrare. Le plastiche hanno uno smaltimento costoso e spesso dannoso per la nostra salute e per l’ecosistema. Attualmente abbiamo diverse possibilità per smaltirle:

  • Discariche: è la soluzione meno costosa poiché l’unico dispendio economico è quello legato al trasporto. Tuttavia, come abbiamo detto, la vita di una bottiglia di plastica potrebbe raggiungere i mille anni, con tutti i rischi ambientali del caso. In più, per sostituirle occorre produrne altrettante e quindi sprecare risorse energetiche e generare altro inquinamento.
  • Inceneritori: da tali strutture dotate di sistemi di recupero energetico possiamo ottenere energia elettrica, con una resa che può raggiungere il 15%. Ma bruciare un determinato quantitativo di plastica per generarne altrettanto risulta comunque un dispendio di energia poco conveniente. E soprattutto poco salutare per le persone e l’ambiente. Infatti, per smaltire un chilogrammo di PET in questo modo, produciamo 40g di idrocarburi, 25g di ossidi di zolfo, 18g di monossido di carbonio e 2,3kg di anidride carbonica.
  • Riutilizzo: è una pratica molto diffusa in alcuni Paesi e consiste banalmente nel lavare e riempire nuovamente i contenitori in plastica già utilizzati. Tuttavia non è sempre possibile poiché almeno il 10% delle bottiglie risulta danneggiata o deformata.
  • Riciclo: in questo caso occorre separare contenitori e tappi, sminuzzarli e rifonderli. Tali processi, per una tonnellata di PET, richiedono un dispendio energetico di almeno 50kWh.
  • Riciclo energetico: bottiglie di plastica usate come combustibile? Si, è possibile, ma non sempre e ovunque! In Italia infatti solo il 30% del materiale riciclabile viene effettivamente destinato alla raccolta differenziata. Ciò perché nel nostro Paese non esiste ancora una radicata cultura in tal senso.

 

I pericoli legati alla plastica

Recenti dati ci dicono che, se consumassimo in media 1 litro d’acqua imbottigliata al giorno, bruceremmo a testa almeno 6 litri di gasolio l’anno. Questi numeri solo per rendersi conto dell’impatto del trasporto dei contenitori in plastica sull’ambiente. Ancor più allarmanti i dati legati all’inquinamento delle acque. La produzione di materie plastiche è in costante crescita da oltre 50 anni e, negli ultimi anni, siamo giunti a una media di 15 milioni di tonnellate l’anno. La maggior parte delle plastiche presenti in mari e oceani giunge proviene dai continenti ma esiste tuttavia una consistente percentuale di rifiuti che viene generata da mezzi di trasporto e strutture presenti in acqua. In particolare, le plastiche più dannose per mari e oceani sono le cosiddette microplastiche, responsabili della contaminazione della fauna marina e a volte presenti nei nostri piatti. Infatti, secondo alcuni studi, addirittura il 30% delle specie marine destinate al commercio nel Mediterraneo sarebbe a forte rischio contaminazione. Il dato risulta ancor più allarmante se pensiamo che, anche in mare, la vita di una bottiglia d’acqua è piuttosto lunga: fino a quattro secoli!

 

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